26 Mar

ANDRÀ TUTTO BENE

Un video per ricordare questo incredibile inizio del 2020 che ha stravolto la vita di tutto il pianeta e ci ha fatto fermare a pensare. Il Corona Virus ci ha costretto a reinventarci e a riscoprire le cose che diamo per scontate, togliendovi la vicinanza fisica con le persone che amiamo e i luoghi che amiamo. Allora, in quel momento Angelo Guarracino ha voluto regalarmi un grandissimo segno di amicizia con questo video nel quale racconta con le immagini di un viaggio fatto insieme, il nostro amore per l’Italia, la nostra  storia, le nostre emozioni, la nostra vita, il nostro futuro. Ecco in queste immagini il nostro amore per la nostra terra. Un amore forte, potente, impetuoso.
Da parte mia e di Angelo Guarracino, FORZA ITALIA andrà turno bene. Forza ragazzi, uniti ce la faremo.

27 Gen

ARISTON – LAINATE URBAN CENTER

Lainate Urban Center – 16 novembre 2019,  una bellissima serata organizzata dagli amici dell’Ariston Lainate Urban Center. Potrebbe sembrare una delle tante presentazioni ma in realtà questa è stata particolare per quello che è successo dopo. Quella di Lainate infatti è stata la mia ultima presentazione prima del maledetto periodo Covid. Quella sera ancora non sapevamo nemmeno che esistesse quel virus e cosa ci avrebbe riservato.  Riguardo quindi queste foto con malinconia in attesa di vedere sconfitto questo male e godere della sua morte per tornare tutti a fare ciò che amiamo. Torneremo a parlare di quello che ci fa emozionare e spero di tornare da Manuela Zaffaroni a Lainate per un brindisi e riprendere esattamente da dove avevamo lasciato. A presto ragazzi.

26 Dic

IL SAPERE STORICO

Si chiude il 2019 con una intervista rilasciata alla redazione de “Il Sapere  Storico. De Historia commentarii“,  un progetto culturale di divulgazione in rete di contenuti sulla nostra Storia, dell’amico Andrea Contorni.

Massimiliano, noi ci siamo conosciuti nel 2010 all’indomani dell’uscita  de “La Legione degli Immortali”, un romanzo che reputo tra i migliori  che abbia mai letto per la forza emotiva dirompente che lo  contraddistingue. In quasi dieci anni, di strada ne hai fatta, tanto da  essere ad oggi considerato tra i migliori scrittori italiani di genere.  Considerando che il tuo primissimo romanzo “L’Aquilifero” uscì nel 2005,  tu hai alle spalle quindici anni di carriera da scrittore. Vuoi trarmi  un bilancio di questa fantastica esperienza? E, anno dopo anno e romanzo  dopo romanzo, come fai a rinnovarti ogni volta per concepire opere  sempre così impeccabili e intense?

Quando  entro in una libreria e mi guardo intorno mi chiedo sempre come sia  possibile essere notato in mezzo a quelle centinaia di volumi. Eppure da  qualche parte in uno di quegli scaffali trovo uno dei miei lavori e  allora mi torna in mente il lunghissimo percorso che ha portato quel  libro li. La scelta della storia, lo studio dei personaggi,  l’impostazione della trama e soprattutto, il tempo per scrivere quelle  quattrocentocinquanta pagine. La grande difficoltà per me è  principalmente quella: il tempo. Io sono pieno di idee e di entusiasmo  ma le mie giornate scorrono con dei ritmi tali da consumare energie e  creatività. Io purtroppo non scrivo quando ho il giusto trasporto per  farlo o sono nel momento migliore della giornata per pensare e creare,  io in quei momenti sono al lavoro, ed è un lavoro che richiede  attenzione e responsabilità. Per scrivere, ho dovuto imparare a  utilizzare il tempo restante, io scrivo in treno e nelle pause pranzo  nei bar e qualche volta la sera, se non sono troppo stanco per rubare  qualche ora di sonno. E  fino a questo punto tutto quello che ho fatto ha anche un sapore  poetico, quasi eroico. Mi ritrovo con un libro in mano  che racchiude  due anni di passione, ma la passione non basta perché il libro deve  diventare un prodotto da vendere e l’editore farà questa trasformazione a  modo suo, intervenendo sui testi, sul titolo che hai pensato per la tua  creazione, sull’immagine che avevi in mente per la copertina. Lo fa  adeguandolo alla richiesta di un mercato sempre più povero, cercando di  allinearlo a tutti gli altri prodotti perché alla fine, la tua opera  deve garantire dei numeri. Numeri che possono cambiare a causa di tanti  fattori, indipendenti dalla qualità del tuo scritto, ti basti pensare  che il libro che più ho amato, quello da cui mi aspettavo tantissimo, è  stato quello che ha venduto di meno e che ha fatto finire il mio  rapporto con Piemme. Si  potrebbero riassumere quindi in questo modo così questi quindici anni,  un percorso puntellato di tante soddisfazioni e difficoltà al tempo  stesso. Sono contento, perché la mia tenacia è stata incrollabile,  nonostante i periodi bui e i tanti entusiasmi smorzati. Sono ad un punto  nel quale non avrei mai pensato di arrivare nel 2001, quando ho  iniziato a scrivere, ma allo stesso tempo, visto l’impegno e la qualità  del lavoro e i consensi ricevuti dai miei lettori, sento di poter andare  oltre e confrontarmi con altri mercati. Questo è il mio grande sogno ed  è per questo motivo che, ogni volta che finisco un lavoro, sono spinto a  cominciarne un altro che cerca di essere ancora più bello di quello  precedente.

Sono rimasto molto colpito dalla storia che ha coinvolto a distanza di  tanti anni il tuo primo romanzo, “L’Aquilifero”, pubblicato poi come “La  Legione degli Immortali”, messo fuori catalogo nel 2016 e ritornato  alla ribalta come “L’Aquila della Decima Legione”. Mi verrebbe da  pensare che il romanzo sia tosto e tenace come chi l’ha scritto e come i  personaggi che ne sono i protagonisti… ma la domanda che ti faccio è  questa, in cosa differiscono le versioni pubblicate e soprattutto, cosa  hai provato nel riprendere in mano questo tuo primo scritto?

“L’Aquilifero”  è stato scritto in due anni, dal 2001 al 2003, e ce ne sono voluti  altrettanti per trovare qualcuno che lo pubblicasse. La primissima  edizione del libro è uscita con una tiratura di duemila copie nel  dicembre 2005 per la Nuovi Autori di Milano, una casa editrice “a  pagamento” per scrittori esordienti. Nessun editore convenzionale  infatti aveva voluto il mio lavoro e io ho avuto la fortuna di trovare  un mecenate che si innamorò del libro al punto tale di pagarne la  sponsorizzazione tramite un istituto bancario. Certo non è stato un  grande esordio letterario, sapevo di essere l’autore di un’opera  sponsorizzata, ma quello che pensavo fosse un punto di arrivo, si rivelò  essere l’inizio di una serie avvenimenti che avrebbero cambiato la mia  vita. L’Aqulifero  del 2005 è quindi lo scritto originale, così come l’ho buttato giù io  con tutta la mia passione, i miei errori, la mia inesperienza. Eppure ha  colpito e conquistato perché uno dei suoi lettori mi presentò a Piemme  che nel 2010 lo ripubblicò con il titolo de “La Legione degli immortali.  Un mio caro amico fece un primo editing del libro prima di passarlo al  nuovo editore che a sua volta ne fece un secondo. Il libro uscì in  Italia nel 2010 ed esaurì le sue copie della versione con copertina  rigida, entrò nella collana bestseller e venne tradotto in spagnolo nel  2014 facendo tre edizioni in tre mesi. Nel  2015, in occasione del decimo anniversario dell’uscita del libro ne riprendo i diritti e mi viene in mente l’idea di scriverne una  versione particolare da vendere online tramite il web in vista  dell’imminente cancellazione dal catalogo dell’editore. Ritrovo  in una vecchia cartella del mio portatile il file originale e ne  rileggo le prime righe incontrando una parte di me che avevo  dimenticato. Mi rendo conto di quanto sia cambiato il modo di scrivere  nei dodici anni e mezzo che mi separano da quelle righe. Comincio a  cambiare qualche parola e sostituisco paragrafi descrittivi con discorsi  diretti per fare sentire il lettore presente nella vicenda. Mi diverto  poi a inserire qualche passo di Centurio, il prequel del libro nato  dieci anni dopo. Nonostante  questi cambiamenti, mi rendo conto che la forza di quel libro é sempre  la stessa. È davvero un racconto pieno di grandezza con una trama che  non va assolutamente toccata. Mi ritrovo a commuovermi ancora una volta  con Lucio, Valerio, Emilio e Gwynith, proprio come nel 2001. Quando  chiudo l’ultima pagina ho un groppo in gola. Per l’ennesima volta mi é  dispiaciuto aver finito quel racconto, per l’ennesima volta “L’Aquilifero”  mi ha conquistato e vinto. Questo libro, per una serie di circostanze è  rimasto in un cassetto ed è uscito a maggio del 2019 con il titolo de “L’aquila della Decima” per Newton Compton. Gli interventi di editing  sul testo sono praticamente inesistenti, la copertina è la mia, il  titolo… beh quello è sempre lo stesso per me: “L’Aquilifero”.

È tendenza degli ultimi anni una sorta di riscoperta della Storia di  Roma delle Origini e della prima epoca Repubblicana, capitoli che per troppo tempo, probabilmente, hanno ceduto il passo alle successive fasi della storia romana. “Stirpe  di Eroi” è un romanzo che mi ha commosso. Il destino dell’Urbe si  unisce al destino di un uomo in quello che viene considerato uno scontro  di sopravvivenza tra nazioni…

“Stirpe  di eroi” nasce per raccontare un momento cruciale della storia della  nostra Penisola avvenuto nel 295 AC. A quel tempo Roma aveva una forma  di governo all’avanguardia rispetto alle altre popolazioni italiche ma  altro non era che una delle tante città agguerrite in lotta per la  sopravvivenza. A causa delle sue mire espansionistiche subì l’attacco di  quattro popoli alleati tra loro che provarono ad annientarla. La città  affrontò unita quel momento drammatico eleggendo due consoli di  straordinaria forza: Quinto Fabio Massimo Rulliano e Publio Decio Mure  che trascinarono gli eserciti nemici alla battaglia del Sentino, dove i  romani diedero una lezione così pesante agli avversari che la coalizione  sconfitta non venne mai più ripristinata. A seguito della battaglia del  Sentino i Romani raggiunsero l’Adriatico ed  ebbero la strada aperta  per la Pianura Padana. Questo  libro è stato un viaggio meraviglioso nella Roma degli inizi della  Repubblica dove i cittadini vivono per la loro città, ne frequentano i  luoghi, si riuniscono per il censimento e tessono continue relazioni con  i loro pari, lavorando, creando ricchezza, arruolandosi e combattendo  per la libertà. La Repubblica degli inizi plasma un modello di uomo  unico al mondo che fa dell’onore la sua cultura. Tutto  questo scomparirà quando i confini si allontaneranno e gli imperatori  trasformeranno i liberi cittadini in sudditi. Le legioni professioniste  assicureranno protezione alla città riempiendosi di soldati greci,  germani e galli. Il Campo di Marte non vedrà più riunirsi i cittadini  per il voto, le stagioni non porteranno più l’alternanza tra lavoro,  famiglia e guerra, il romano non sarà più soldato, non sarà più  cittadino, vivrà in Africa o in Britannia come spettatore della potenza  dell’impero. Il  periodo mi ha talmente affascinato che ho già in mente qualcosa di  ancora antecedente per raccontare di come Roma sopravvisse al sacco di  Brenno. Ci vorranno anni però perché sto già scrivendo altri due libri.

“Centurio” è il prequel de “La Legione degli Immortali”. Ritroviamo  Caio Emilio Rufo, già conosciuto dai tuoi lettori, collegamento tra i  due romanzi in questione. “Centurio” insegna a non arrendersi, a non  piangersi addosso… Il messaggio interno a questo romanzo è molto forte  come lo era quello contenuto ne “La Legione degli Immortali”. È stato  difficile per te  narrare andando a ritroso nel tempo da quanto avevi  già narrato sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici che soprattutto  l’evoluzione morale dei personaggi? Le sfide e i dilemmi interiori che  affrontano i tuoi personaggi in quella determinata epoca, possono essere  rapportati ai giorni nostri?

“Centurio”  nasce per raccontare le vicende di Quinto Sertorio, una delle figure  più controverse e discusse dalla storia di Roma. L’intramontabile  Teodoro Mommsen, nella sua “Storia di Roma”, parla di lui come uno dei  più grandi uomini, forse il più grande, che Roma abbia mai prodotto.  L’idea di inserire Gaio Emilio Rufo nel libro e farlo diventare un  prequel arriva dopo aver appreso da Plutarco che, a guerra conclusa,  Pompeo decise di graziare tutti i soldati semplici dell’esercito  sconfitto e alcuni mercenari ispanici, insediando parte di loro in  Gallia nell’attuale Alta Garonna. Si ha notizia di unità di questo tipo  ancora attive nella prima metà degli anni cinquanta a.C., in piena  Campagna di Gallia di Cesare. Da  questo particolare ho immaginato che una giovane recluta dell’esercito  di Sertorio, potesse poi essere inquadrato successivamente nelle unità  utilizzate da Cesare nella Campagna di Gallia e io avevo un personaggio  d’eccezione da inserire nella storia: Gaio Emilio Rufo, stereotipo di un  ragazzo puro ed eroico dallo spiccato senso del dovere e dell’onore che  sarebbe poi diventato il famoso centurione primipilo de “L’Aquilifero o  Legione degli immortali o Aquila della Decima Legione”. Non è stato per  niente difficile andare a ritroso e inserire in Centurio alcuni dei  personaggi che poi si ritrovano nel sequel, anzi è stato divertente.

Non  so se i dilemmi affrontati da Rufo in Centurio possano essere  rapportati alla nostra epoca, lui agisce in uno scenario che per noi  sarebbe agghiacciante e duemila anni di evoluzione ci separano dalla  mentalità dei nostri antenati romani ma posso dirvi però che Gaio Emilio  Rufo è molto moderno perché rispecchia una persona reale che conosco  molto bene e che ho avuto l’onore di servire sotto le armi durante la  mia permanenze nella brigata Folgore. Gaio Aemilio Rufo è Emilio  Bertocchi, era il mio comandante di plotone di assaltatori paracadutisti   ed era esattamente come l’ho descritto.

Tu sei “ritornato” sul mercato italiano con una nuova e importante casa  editrice dopo aver mietuto successi in tutto il mondo. Per il futuro,  il tuo impegno di scrittore verterà maggiormente al mercato estero o a  quello italiano?

Ogni  mio libro parla di Roma in contrapposizione ai suoi antagonisti. Questi  antagonisti non sono scelti a caso ma sono possibili mercati esteri da  interessare. Da quindici anni cerco di emozionare le persone con le mie  storie e da quindici anni sono alla ricerca del “libro” che mi faccia  fare un ulteriore salto di qualità. Quando ricevo messaggi dal Cile, dal  Perù o dall’Argentina ancora non mi capacito di come possa essere stato  possibile. Nessuno voleva “L’Aquilifero”, eppure quel libro ha  attraversato l’oceano ed è arrivato nel cuore di molti anche in America  Latina. Se il libro è arrivato li, perché non deve arrivare a Londra, Berlino o Parigi? Purtroppo i mercati stranieri, soprattutto quelli di lingua inglese non sono per nulla esterofili come il nostro e non è semplice accedervi. Per quanto possa impegnarmi occorre trovare un editore estero che voglia pubblicare un mio libro, proprio come è successo per la Spagna. Quello che è importante, è che io faccia bene nel mio paese, perché la prima cosa che guarderà un possibile nuovo editore estero saranno i miei numeri, non le mie storie, questa è la cruda realtà delle cose. È proprio vera la massima che dice che il libro lo scrive per metà lo scrittore e per l’altra metà il lettore. Quindi, sta a a voi…

Per tutti coloro che amano la Storia o che vogliono avvicinarsi ad essa.  www.ilsaperestorico.it

04 Set

RISVEGLIA L’EROE CHE VIVE DENTRO DI TE

A Gallignano, nel mezzo della Pianura Padana,  qualcuno si concede una pausa dal duro lavoro nei campi. Quel qualcuno è il mio fantastico cugino Dante!!!

Ecco come con un’idea, una buona dose di autoironia, una fattoria, un trattore, un grandissimo attore e un genio della videocamera si può trasformare un pomeriggio di inizio maggio in un momento indimenticabile. Lo dedichiamo a tutti quelli che si prendono tanto sul serio nella vita, uuuhhhh quanti ce ne sono.

Grazie mille per la fantastica interpretazione, mio grandissimo cugino.

 

 

 

26 Giu

NARRARE DI STORIA

Prima di cominciare una premessa è doverosa. L’aquila della Decima Legione non è un romanzo inedito, anzi! Se non vado errato, si tratta della terza versione de L’aquilifero, che fu anche il fantastico romanzo d’esordio di Massimiliano Colombo, ormai introvabile nella prima pubblicazione (uscita una decina d’anni fa). Io stesso non riuscì a trovare L’aquilifero (erano altri tempi!) e dovetti perciò ripiegare sulla seconda versione edita dalla Piemme e rinominata La legione degli immortali. La trama è sempre la stessa mentre ciò che cambia è lo stile: ne parlerò dopo.

Passiamo alla trama. Lo spunto è fornito dal famoso episodio (almeno per me e penso gli appassionati di storia romana) accaduto durante la prima spedizione di Giulio Cesare in Britannia: con la flotta sparpaglia da una tempesta e i Britannici apparsi sulle coste, l’esercito romano non osa sbarcare in una terra che si dimostra così ostile. Interviene allora l’aquilifero della Decima Legione che, con un gesto di forte impatto emotivo, si getta per primo in acqua con l’aquila della sua legione e convince così tutto l’esercito a seguirlo. Su questo spunto storico (e su molti altri), l’autore costruisce una solida trama di guerra, avventura, amicizia e amore. Protagonista è appunto l’aquilifero della Decima legione, i suoi commilitoni e la schiava britannica Gwynith. Sullo sfondo, la prima spedizione di Cesare in Britannia e gli anni centrali della guerra di Gallia: siamo dopo i primi anni, quelli della conquista di ampie fette del territorio gallico ma prima della grande rivolta di Vercingetorige.

Un tema del romanzo è lo spirito di gruppo tra gli ufficiali e tra i soldati e il senso dell’onore (parola oggi molto difficile da capire). Confesso di averlo apprezzato molto. La guerra è violenza, senza dubbio, ma non è solo violenza. In questo, l’autore è bravissimo a ricostruiro lo spirito di corpo che, allora come oggi, è uno dei valori fondanti un qualsiasi reparto militare. Lucio Petrodisio, Massimo, Quinto e gli altri sono soldati e guerrieri nel senso più autentico della parola.

“Mi accorsi solo allora che il pover’uomo era pallido come la luna e aveva gli occhi cerchiati di rosso. Gli sorrisi mettendogli la mano sulla spalla. «Andiamo, non staremo qui a litigare per cose di vent’anni fa». Tornai al mio sacco dove avvolsi in uno straccio di lino la spada con il fodero e poi dopo aver chiuso il tutto mi riavvicinai a lui porgendogli la mano che lui non strinse.
«Non hai molti anni meno di me, alla nostra età si dovrebbe essere meno cocciuti e più saggi. In fondo siamo due vecchi combattenti, la cosa dovrebbe accomunarci invece che allontanarci. Sarebbe meglio raccontarci come l’abbiamo scampata piuttosto che ostinarci a ricordare chi abbiamo combattuto».
Non rispose, capii allora che non era mai stato un combattente.”

Anche la vita di un castrum romano è ben ricostruita nella sua quotidianità, nella sua interazione con il mondo esterno: piccole vicende di uomini e donne inserite in un contesto molto più grande.

Nel precedente estratto il punto di vista era in prima persona. Un altro grande merito di Colombo è, infatti, aver intessuto, accanto alla trama ambientata negli anni della guerra di Gallia, una trama nel “presente” della narrazione (ovvero nel 35 a.C.). Fin dai primi capitoli, infatti, abbiamo questo narratore in prima persona che è alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. Tutto sembra far pensare che sia proprio il nostro protagonista, l’aquilifero… non dico di più per non rovinare lo splendido intreccio creato dall’autore.

In generale l’autore mantiene un buon ritmo per l’intero romanzo. Ogni tanto vi è qualche rallentamento, sopratutto nella parte centrale, dovuto però alla voglia di esplorarela la vita dei soldati di Cesare in ogni suo aspetto e non solo in azione.

Passiamo allo stile. Non ho fatto un confronto serrato tra la vecchia e la nuova (in realtà ancora più vecchia!) versione, tuttavia l’impressione ricevuta è che il romanzo sia un po’ più descrittivo e, in alcuni passaggi, meno sfrondato. Sono piccolezze che non inficiano la godibilità della lettura. Molti passaggi, d’altra parte, sono decisamente ispirati.

In definitiva, un romanzo che consiglio assolutamente a chi non abbia mai letto nulla di Colombo (emendate subito questa colpa!); se invece avete già letto L’aquilifero qualche anno fa, allora beh… quale migliore occasione per rileggerlo?

26 Giu

LIBRI E RECENSIONI.COM

E’ questo un manoscritto singolare, che rimarrà impresso saldamente nella mia memoria e che sicuramente vorrò rileggere. Una notevole e corposa storia di vita militare e di battaglie, ma anche di amore, fedeltà di intenti e dedizione, che l’ottimo autore ha saputo costruire attorno a due brevi aneddoti, poche righe dedicate dalla Storia alle gesta di due uomini del passato, due legionari, portatori dell’Aquila Imperiale di Roma. Solo di uno dei due si conosce il nome e quel nome diviene il nome del protagonista di questa opera letteraria.

Massimiliano Colombo ha magistralmente sviluppato il racconto scaturito dalla propria fantasia collocandolo in modo assolutamente perfetto nel contesto storico e geografico in cui si svolge e dimostrando di essere un profondo conoscitore di quell’epoca, di quei luoghi, delle usanze, dei costumi e dei termini linguistici che caratterizzavano lo scenario di fondo della sua trattazione.

Devo confessare che all’inizio della lettura sono rimasta fortemente impressionata dalla durezza e dalla violenza di alcuni passaggi, caratteristiche strettamente legate alla natura degli eventi ed alla connotazione fortemente istintuale della vita umana ai tempi di Cesare. Pur essendo la sottoscritta una grande amante della Storia, scorrere i primi capitoli non è stata un’esperienza leggera e divagante. La comparsa della protagonista femminile del racconto ha comportato l’apertura di una ulteriore parentesi di lacerante degrado esistenziale, ma ha avuto il bene di introdurre un indispensabile elemento di compensazione nella rude descrizione della vita e delle battaglie del legionario romano destinato a divenire il suo compagno. La storia d’amore inserita nella trama non è né semplice né facile, ma rappresenta comunque un argomento capace di alleggerire una trattazione della quale la brutalità è necessariamente compartecipe.

La nascita di un sentimento puro, affettivo ed oblativo non si limita a stemperare i toni del racconto, bensì è artefice di una trasformazione che spinge l’uomo d’arme, predestinato alla guerra per nascita, a trasformare il senso del dovere in incondizionato ed illimitato amore, nel desiderio di effondersi a bene non solo per la propria compagna, ma anche per i commilitoni, per la patria e per il simbolo di essa che gli è affidato. Mi astengo dall’indugiare sui dettagli e sugli avvenimenti legati a questa trasformazione, rimandando direttamente alla lettura dell’opera tutti coloro che desiderano entrare in contatto con questo coinvolgente risvolto umano ed emotivo. Poiché l’amore richiama amore, il protagonista della vicenda e la donna che tale sentimento ha suscitato continuano a ricevere dai comprimari indiscutibili ritorni di estremo affetto sino all’epilogo, nell’ambito del quale emergono verità assolutamente sorprendenti.

Lo stile letterario è indiscutibilmente perfetto, arricchito da una terminologia che dimostra in modo inconfutabile l’assoluta competenza dell’autore in materia storica. La trama è ottimamente concepita, si sviluppa in modo costantemente interessante e l’incalzare degli eventi mantiene desta l’attenzione del lettore pagina dopo pagina. La lettura è scorrevole ancorché non facile, a causa delle caratteristiche menzionate in precedenza. Nella sua globalità, questa notevole opera richiede i giusti tempi di assimilazione, non si presta ad essere consumata in modo veloce e sbrigativo, non fosse altro che per la disamina delle numerose note a margine proposte dall’autore, le quali meritano la dovuta considerazione per la loro estrema accuratezza e significatività. Questo romanzo costituisce un’ottima opportunità di arricchire il proprio bagaglio di conoscenza seguendo un racconto appassionante ed emozionante.

Angelarosa Weiler – Libri e recensioni.com

29 Mag

LET’S TALK ABOUT L’AQUILA DELLA DECIMA LEGIONE

Tra le uscite di oggi c’è anche il romanzo di Massimiliano Colombo, L’aquila della Decima Legione, che narra le gesta dell’aquilifero della Decima Legione, Lucio Petrosidio, e dei suoi compagni d’armi e della conquista della Britannia.

55 a.C. Quando le navi della flotta romana giungono sulla costa di una terra sconosciuta, si ritrovano a dover fronteggiare un’armata di guerrieri autoctoni, talmente feroci da intimorire le truppe di Cesare. Soltanto l’aquilifero della Decima Legione, Lucio Petrosidio ha il coraggio di lanciarsi nelle fredde acque dell’oceano, e l’aquila del suo vessillo guida la legione degli immortali nell’assalto. Lucio e i suoi compagni d’armi, Massimo, Quinto, Valerio sono gli eroi che si batteranno nella conquista della Britannia, nel nome di Roma e di Cesare, e che proteggeranno Gwynith, la schiava dai capelli rossi che ha fatto breccia nel cuore dell’aquilifero. Ma il destino, in agguato, li attende ad Atuatuca…

35 a.C. Il passato e i suoi fantasmi, il ricordo dei compagni caduti, il fuoco che brucia la coscienza: è per trovare pace a tutto questo che un vecchio ma ancora impavido soldato torna in Britannia a concludere una battaglia iniziata vent’anni prima. Ma anche per ritrovare la donna che da tanto tempo lo aspetta. L’aquilifero della Decima Legione farà i conti con la propria storia.

Ribadisco quello che vi ho detto otto mesi fa quando parlavo di Stirpe di eroi di Massimiliano Colombo, la sua più grande capacità è quella di farci rivivere le gesta dei suoi personaggi come se fossimo lì con loro, parte dello scenario che li vede protagonisti dei suoi racconti, fianco a fianco con la leggenda.

Anche questa volta ci immergiamo nell’antica roma, ai tempi di Cesare, più esattamente nel momento dello sbarco dei legionari romani sulle coste sconosciute della Britannia, un luogo che a quell’epoca era ancora avvolto dalle nebbie del mistero, un mondo nuovo che veniva scoperto dai soldati per la prima volta e che assieme ad esso avrebbe dato loro un assaggio della barbarie di cui erano capaci i suoi guerrieri.

Tutti noi siamo abituati a vedere i soldati, di qualsiasi fazione o razza, come esseri invincibili, capaci di distruggere ogni cosa con il loro incedere e la loro forza, masse di piccole macchine temprate dalle fiamme della violenza, ma in fondo non sono altro che uomini, proprio come noi, deboli e fragili nel corpo quanto nella mente e nel cuore e infatti è proprio qui che Lucio Petrosidio, aquilifero della decima legione, trova pane per i suoi denti.

È proprio qui, infatti, che questo irriducibile legionario subisce la sua ferita più profonda, non inferta da una lama ma dall’amore per una donna che lo ha stregato e ha insinuato nel suo cuore il fastidioso tarlo dell’amore, la morte per un soldato.

Tutto ciò che viene descritto nel libro è tratto dai resoconti del “De Bello Gallico” scritti dallo stesso Giulio Cesare, ma in quelle pagine i nostri protagonisti sono solo un elenco di nomi che non sembrano avere rilevanza in confronto all’auto-elogio scritto dal console in persona. In questo caso il lavoro più grande portato a termine da Massimiliano Colombo è stato proprio il prendere spunto dal “De Bello Gallico” lasciando da parte Giulio Cesare e mettendo in evidenza coloro che hanno permesso al primo imperatore romano di diventare una vera leggenda, poiché senza il loro sangue e l’appoggio di quei nomi sulla lista oggi nessuno ricorderebbe il suo nome.

Sono i caduti, infatti, questa volta a scrivere la storia, attraverso il loro sacrificio noi possiamo vedere la brutalità della guerra ai tempi in cui stare in prima linea voleva dire morte certa e tutto questo viene portato alla nostra attenzione dalle descrizioni che l’autore riesce a rendere con una spontaneità davvero notevole, facendo in modo che il lettore si appassioni alla storia che sta leggendo, proprio come accadeva nel suo precedente romanzo “Stirpe di eroi”.

Grazie alla sua abilità, Massimiliano Colombo ha raggiunto un livello di realismo narrativo tanto elevato da poter quasi sentire noi stessi gli echi di quella battaglia, come fossimo sulla spiaggia del massacro mentre questo avviene, una sorta di macchina del tempo capace di riportarci indietro di millenni senza doverci muovere dalla nostra poltrona, un’esperienza unica che è possibile vivere solo avventurandosi in uno dei suoi romanzi.

“L’aquila della decima legione” è una storia di guerra vissuta attraverso le pieghe della storia, il racconto di un amore vissuto attraverso una battaglia.

28 Mag

GLI EROI A MESTRE

Ecco qualche foto dell’appuntamento del 28 maggio alla bellissima biblioteca Vez di Mestre. Un diluvio in pieno stile Aquilifero ha limitato le presenze a pochi eroici presenti, ma è stato emozionante essere li con loro tra gli scrosci a parlare del mio viaggio nella storia. Un particolare ringraziamento a Monica per l’organizzazione e l’ospitalità. Tutto fantastico, compresa Mestre che si è rivelata davvero una piacevole sorpresa.

27 Mag

GLI EROI A VENEZIA

Con infinito onore sono stato ospitato a Venezia per la presentazione di Stirpe di Eroi. Il 27 maggio si è tenuto il primo incontro alla Biblioteca di Castello all’interno del suo bellissimo chiostro di un ex convento medievale, situato tra la chiesa di San Lorenzo e la Scuola Dalmata di San Giorgio degli Schiavoni. Abbiamo parlato di libri e abbiamo fatto un viaggio nella storia tra i nostri antenati. Devo ringraziare infinitamente  Mary e Federica per l’organizzazione e l’ospitalità.
A presto Serenissima.
04 Mag

SONCINO 2019

Dopo il successone dello scorso anno a Gallignano, tappa a Soncino per presentare “Stirpe di Eroi” il romanzo sulle vicende che hanno portato Roma ad essere la superpotenza della Penisola nel 295 AC. Dato l’altissimo numero di parenti presenti si è consigliato  di prendere posto con un certo anticipo.

È sempre bello rivedere mio cugino Dante Duranti e tutta la sua splendida famiglia. Erano in tanti a Soncino quest’anno e come l’anno scorso, mi hanno rapito il cuore. Grazie a tutti per il vostro supporto. Siete MAGNIFICI.