26 Giu

NARRARE DI STORIA

Prima di cominciare una premessa è doverosa. L’aquila della Decima Legione non è un romanzo inedito, anzi! Se non vado errato, si tratta della terza versione de L’aquilifero, che fu anche il fantastico romanzo d’esordio di Massimiliano Colombo, ormai introvabile nella prima pubblicazione (uscita una decina d’anni fa). Io stesso non riuscì a trovare L’aquilifero (erano altri tempi!) e dovetti perciò ripiegare sulla seconda versione edita dalla Piemme e rinominata La legione degli immortali. La trama è sempre la stessa mentre ciò che cambia è lo stile: ne parlerò dopo.

Passiamo alla trama. Lo spunto è fornito dal famoso episodio (almeno per me e penso gli appassionati di storia romana) accaduto durante la prima spedizione di Giulio Cesare in Britannia: con la flotta sparpaglia da una tempesta e i Britannici apparsi sulle coste, l’esercito romano non osa sbarcare in una terra che si dimostra così ostile. Interviene allora l’aquilifero della Decima Legione che, con un gesto di forte impatto emotivo, si getta per primo in acqua con l’aquila della sua legione e convince così tutto l’esercito a seguirlo. Su questo spunto storico (e su molti altri), l’autore costruisce una solida trama di guerra, avventura, amicizia e amore. Protagonista è appunto l’aquilifero della Decima legione, i suoi commilitoni e la schiava britannica Gwynith. Sullo sfondo, la prima spedizione di Cesare in Britannia e gli anni centrali della guerra di Gallia: siamo dopo i primi anni, quelli della conquista di ampie fette del territorio gallico ma prima della grande rivolta di Vercingetorige.

Un tema del romanzo è lo spirito di gruppo tra gli ufficiali e tra i soldati e il senso dell’onore (parola oggi molto difficile da capire). Confesso di averlo apprezzato molto. La guerra è violenza, senza dubbio, ma non è solo violenza. In questo, l’autore è bravissimo a ricostruiro lo spirito di corpo che, allora come oggi, è uno dei valori fondanti un qualsiasi reparto militare. Lucio Petrodisio, Massimo, Quinto e gli altri sono soldati e guerrieri nel senso più autentico della parola.

“Mi accorsi solo allora che il pover’uomo era pallido come la luna e aveva gli occhi cerchiati di rosso. Gli sorrisi mettendogli la mano sulla spalla. «Andiamo, non staremo qui a litigare per cose di vent’anni fa». Tornai al mio sacco dove avvolsi in uno straccio di lino la spada con il fodero e poi dopo aver chiuso il tutto mi riavvicinai a lui porgendogli la mano che lui non strinse.
«Non hai molti anni meno di me, alla nostra età si dovrebbe essere meno cocciuti e più saggi. In fondo siamo due vecchi combattenti, la cosa dovrebbe accomunarci invece che allontanarci. Sarebbe meglio raccontarci come l’abbiamo scampata piuttosto che ostinarci a ricordare chi abbiamo combattuto».
Non rispose, capii allora che non era mai stato un combattente.”

Anche la vita di un castrum romano è ben ricostruita nella sua quotidianità, nella sua interazione con il mondo esterno: piccole vicende di uomini e donne inserite in un contesto molto più grande.

Nel precedente estratto il punto di vista era in prima persona. Un altro grande merito di Colombo è, infatti, aver intessuto, accanto alla trama ambientata negli anni della guerra di Gallia, una trama nel “presente” della narrazione (ovvero nel 35 a.C.). Fin dai primi capitoli, infatti, abbiamo questo narratore in prima persona che è alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. Tutto sembra far pensare che sia proprio il nostro protagonista, l’aquilifero… non dico di più per non rovinare lo splendido intreccio creato dall’autore.

In generale l’autore mantiene un buon ritmo per l’intero romanzo. Ogni tanto vi è qualche rallentamento, sopratutto nella parte centrale, dovuto però alla voglia di esplorarela la vita dei soldati di Cesare in ogni suo aspetto e non solo in azione.

Passiamo allo stile. Non ho fatto un confronto serrato tra la vecchia e la nuova (in realtà ancora più vecchia!) versione, tuttavia l’impressione ricevuta è che il romanzo sia un po’ più descrittivo e, in alcuni passaggi, meno sfrondato. Sono piccolezze che non inficiano la godibilità della lettura. Molti passaggi, d’altra parte, sono decisamente ispirati.

In definitiva, un romanzo che consiglio assolutamente a chi non abbia mai letto nulla di Colombo (emendate subito questa colpa!); se invece avete già letto L’aquilifero qualche anno fa, allora beh… quale migliore occasione per rileggerlo?

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